5000 anni...e non sentirli.!!
IL CANALE DI VOLITO
IL POZZO DI VOLITO
IL POZZO DI VOLITO
Lo storico “Pozzo di Volito” si trova sul fondo dell’omonimo Canale, lungo la Via Volito II, nel punto in cui la strada è sterrata. Il Tasselli così lo descriveva: ”…Un canale tra le terre di San Gregorio e del Marchirello che un’acqua, la migliore di tutte, somministra da un pozzo che li paesani lo dicono di Olito…”. Olito deriverebbe da vòlo, vòlu, che in dialetto significa “terra cretacea rosso-ocra che accoglie una lussureggiante vegetazione lungo le proprie pareti“.
Il Canale di Volito è costituito da una stretta incisione scavata nell’ultima propaggine della serra ed ospita una parte dell’antico Sentiero di Verèto che collegava il porto marittimo di San Gregorio alla antica città messapica di Verètum, situata a poca distanza sulla collina che domina l’odierno paese di Patù.
L’ARCHITETTURA RURALE
Nel 2018 l’UNESCO L’UNESCO ha iscritto “L’Arte dei muretti e delle costruzioni in pietra a secco” nella lista degli elementi immateriali dichiarati Patrimonio dell’Umanità in quanto rappresentano “una relazione armoniosa fra l’uomo e la natura”. Nella motivazione dell’Unesco si legge: “L’arte del “dry stone walling” riguarda tutte le conoscenze collegate alla costruzione di strutture di pietra ammassando le pietre una sull’altra, non usando alcun altro elemento tranne, a volte, terra a secco”.
“Si tratta di uno dei primi esempi di manifattura umana sia per fini abitativi che per scopi collegati all’agricoltura, in particolare per i terrazzamenti necessari alle coltivazioni in zone particolarmente scoscese. Le strutture a secco sono sempre fatte in perfetta armonia con l’ambiente e la tecnica esemplifica una relazione armoniosa fra l’uomo e la natura. La pratica viene trasmessa principalmente attraverso l’applicazione pratica adattata alle particolari condizioni di ogni luogo. I muri a secco svolgono un ruolo vitale nella prevenzione delle slavine, delle alluvioni, delle valanghe, nel combattere l’erosione e la desertificazione delle terre, migliorando la biodiversità e creando le migliori condizioni microclimatiche per l’agricoltura”, spiega l’Unesco.
Tra le regioni italiane promotrici della candidatura c’era la Puglia, per tutelare una tradizione che unisce in pratica tutta la Penisola e ha i suoi punti forti nel Salento e nella Valle d’Itria. Si tratta di una tecnica millenaria che ha avuto nel corso della storia e a seconda delle regioni utilizzi diversi.
Soprattutto nelle zone costiere i muri a secco sono così comuni che spesso si dimentica la loro importanza storica e sociale. In Puglia, per esempio, ci sono i muretti antichi risalenti all’epoca dei Messapi con una struttura a blocchi squadrati poggiati orizzontalmente, quelli patrizi che svolgevano il compito di delimitare tenute e poderi appartenuti a casati di gran nome, quelli del volgo costruiti dallo stesso contadino a delimitazione della piccola proprietà chiamata chisùra.
I muri a secco stanno però scomparendo, in primis per la mancanza di manodopera specializzata e perché l’agricoltura meccanizzata li vede come un ostacolo. La perdita dei muretti a secco non significa però soltanto la cancellazione di una testimonianza della nostra storia. La scomparsa o la rarefazione di queste costruzioni incide negativamente sul paesaggio e sull’ambiente. Nei muri a secco sopravvive infatti una ricca fauna e flora, oltre ad essere un importante elemento di diversificazione ecologica e del paesaggio.
L’ECOSISTEMA DEL CANALE DI VOLITO
Il bosco di querce e la macchia, l’influenza dello scirocco, il canale come raccoglitore di acque piovane, il microclima, le specie animali di terra, i volatili, le specie vegetali.
VERETUM – PATU’
Verèto (Verètum) sorgeva sull’omonima collina (a 124 metri slm) che domina la piana dove oggi si trova il ridente Comune di Patù e che con declivio tufaceo digradante verso sud-ovest si affaccia sul mare Ionio per circa 3 km. E’ stato un importante centro per il commercio, sia con la Grecia che in seguito con la Magna Grecia. Divenne municipio Romano e nel IX secolo venne rasa al suolo ad opera dei Saraceni. Il sito occupato attualmente dalla Chiesetta della Madonna di Verèto, era il suo centro, l’acropoli, sia della Verèto Messapica che della Verèto Romana e poi Medievale.
L’origine dei Messapi probabilmente si deve a flussi migratori di origine illirica o egeo-anatolica giunti in Puglia alle soglie dell’età del ferro intorno al IX secolo a.C. È possibile anche che i Messapi siano frutto della fusione tra Cretesi e, successivamente, Illiri. Secondo tale ipotesi, i Cretesi sarebbero giunti in Italia nel 3300 a.C. e gli Illiri li avrebbero conquistati secoli dopo. I ritrovamenti più antichi sono stati effettuati in scavi archeologici in alcune grotte vicine a Otranto, e i primi insediamenti stabili sono stati individuati nelle città di Oria, Cavallino, e Muro Leccese e, in seguito anche a Verèto. Si passa da costruzioni in capanne con zoccolo in pietre irregolari, alzato in mattoni crudi (argilla e paglia) e copertura a rami intrecciati, a costruzioni con più ambienti, di forma quadrangolare, con muretti a secco e mattoni e copertura a tegole. Vereto si trova su una collina molto vicina a Leuca. Le mura poderose in parte ancora visibili, lunghe oltre 4 km, dominavano un comprensorio che includeva l’attuale Leuca e la baia di San Gregorio.
L’odierna Patù ebbe origine dalle sue rovine, con un territorio comunale sottoposto a vincolo paesaggistico, sia per la composizione naturale della macchia mediterranea ed delle essenze locali che per la presenza di antichi monumenti dall’inestimabile valore storico (le Cento Pietre e la Chiesa di San Giovanni Battista) e tradizionale (come le pajàre, liàme, incurtaturi, muri a secco), che infine per Torre San Gregorio, l’antico porto messapico di Verèto, snodo cruciale per i traffici con l’Oriente. Gli antichi lo preferivano per una sua particolare caratteristica, per i tempi qualcosa di eccezionale: alla base della scogliera c’era un pozzo sorgivo di acqua dolce usata per riempire le cisterne delle navi. Oggi il pozzo è completamente sommerso dal mare e visibile, insieme alle strutture dell’antico porto, al molo foraneo, a una scalinata messapica con vicino l’imboccatura del pozzo, con un’immersione di circa 7 metri di profondità. Tutti i reperti archeologici e le iscrizioni sono esposti nel Museo archeologico di Lecce.